Il falso in bilancio è un tema sempre attuale. Invero la redazione del bilancio rappresenta un momento di cruciale importanza per la vita di ogni impresa, poiché costituisce il principale strumento attraverso cui viene data evidenza della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società. Tale documento, destinato a essere scrutinato da una molteplicità di soggetti – dagli azionisti agli investitori, dai creditori agli enti regolatori – deve riflettere con la massima trasparenza la realtà aziendale, garantendo così la tutela dell’affidamento che il mercato ripone nell’impresa.
In un simile contesto, l’attenzione posta alla rappresentazione veritiera e corretta dei dati contabili non è solo una questione di precisione tecnica, ma costituisce una vera e propria responsabilità giuridica. Gli amministratori e i dirigenti delle società sono tenuti a rispettare rigorosi obblighi di legge in merito alla veridicità delle informazioni finanziarie riportate nei bilanci.
Il mancato rispetto di tali obblighi, come noto, espone gli organi apicali dell’impresa non solo a sanzioni di natura civile e amministrativa, ma anche a gravi responsabilità penali, in particolar modo in relazione al reato di falso in bilancio (i.e. false comunicazioni sociali, art. 2621 c.c.). La delicatezza della materia impone, pertanto, una riflessione approfondita sui rischi derivanti da una rappresentazione contabile non conforme alle norme, con particolare riferimento alle implicazioni penalmente rilevanti.
L’obiettivo di questo contributo è quello di destare attenzione sull’importanza della corretta redazione dei bilanci e delle conseguenze derivanti da eventuali violazioni delle disposizioni di legge in materia (in particolare per falso in bilancio). Verranno analizzati i principali profili di rilevanza penale connessi alla redazione di bilanci non veritieri, con particolare riferimento al reato di false comunicazioni sociali, evidenziando altresì il ruolo fondamentale della prevenzione per una gestione aziendale conforme alla normativa e alle best practices di settore.
Sottovalutazione o sopravvalutazione delle voci patrimoniali. Falso in bilancio e impatto sulle decisioni economico-finanziarie
La corretta valutazione delle voci patrimoniali rappresenta un elemento centrale nella redazione del bilancio di esercizio, in quanto consente di fornire una rappresentazione veritiera e corretta della situazione economica e finanziaria dell’impresa. In tal senso, la sopravvalutazione o la sottovalutazione delle attività e delle passività costituiscono fattori distorsivi che possono alterare significativamente la percezione della salute finanziaria dell’azienda, con ripercussioni sulle decisioni degli stakeholder, quali investitori, creditori e partner commerciali.
La sopravvalutazione delle attività si verifica, ad esempio, quando i beni materiali o immateriali dell’impresa vengono iscritti a bilancio con valori superiori a quelli effettivi, violando il principio della prudenza contabile. Un esempio tipico riguarda l’iscrizione di immobili aziendali a un valore superiore a quello di mercato, basandosi su perizie non aggiornate o su criteri di valutazione eccessivamente ottimistici. Similmente, un altro caso ricorrente di sopravvalutazione si riscontra nella contabilizzazione di crediti verso clienti, che vengono mantenuti a bilancio come integralmente recuperabili, pur in presenza di segnali di difficoltà nel recupero, come inadempimenti protratti o situazioni di insolvenza degli stessi debitori. Questo comporta una rappresentazione artificiosa della liquidità e della capacità di incasso dell’impresa.
Dall’altra parte, la sottovalutazione delle passività si manifesta quando le obbligazioni dell’impresa vengono iscritte in bilancio a un valore inferiore a quello effettivo o vengono omesse del tutto, con il risultato di presentare una situazione finanziaria più solida di quella reale. Un esempio concreto di sottovalutazione riguarda il mancato accantonamento o un accantonamento insufficiente per passività potenziali, come le vertenze legali in corso, che potrebbero comportare esborsi significativi nel futuro. Un altro caso comune è la sottostima dei debiti verso fornitori o degli oneri fiscali, attraverso una rappresentazione dilazionata o inadeguata delle scadenze imminenti.
Tali distorsioni nella valutazione delle voci patrimoniali non solo compromettono la trasparenza e la veridicità del bilancio, ma incidono anche sulle scelte operative e strategiche di chi esamina questi dati. Un investitore, di fronte a una sopravvalutazione delle attività, potrebbe essere indotto a sovrastimare la redditività potenziale dell’impresa e a intraprendere decisioni di investimento basate su un quadro non realistico. Analogamente, un creditore potrebbe valutare erroneamente la capacità dell’impresa di onorare i propri debiti in presenza di una sottovalutazione delle passività, con conseguente rischio di esposizione finanziaria.
La responsabilità penale per falso in bilancio
La disciplina del falso in bilancio, contenuta negli artt. 2621 e 2622 del codice civile, individua tra i soggetti attivi del reato gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori, ovvero coloro che rivestono un ruolo di responsabilità nella gestione e nella rappresentazione contabile della situazione economico-finanziaria dell’impresa.
La condotta incriminata consiste nella falsificazione o omissione di informazioni rilevanti all’interno dei bilanci, delle relazioni o di altre comunicazioni sociali destinate ai soci o al pubblico. Tali atti, se finalizzati a ingannare i destinatari o a ottenere per sé o per altri un vantaggio ingiusto, violano il principio della trasparenza contabile e la corretta informazione societaria.
Il reato si fonda sull’elemento soggettivo del dolo specifico, che si manifesta nell’intento fraudolento di alterare la rappresentazione della realtà societaria, influenzando in modo distorto le decisioni di terzi (investitori, creditori, soci, ecc.). Non basta, quindi, la semplice negligenza o imperizia; è richiesta la volontà consapevole di esporre fatti non rispondenti al vero o di omettere informazioni dovute.
Particolare rilievo assume il concetto di “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero”, che abbraccia tanto le falsità di natura oggettiva quanto le valutazioni soggettive che si discostano gravemente dai criteri ragionevoli o dalle prassi contabili generalmente accettate.
La questione del falso in bilancio valutativo è stata a lungo dibattuta in dottrina e giurisprudenza, con una svolta significativa nella sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 22474 del 31 maggio 2016. In questa decisione, la Corte ha chiarito che il falso valutativo, pur incentrato su stime e giudizi soggettivi, può configurare reato laddove tali valutazioni siano effettuate in maniera irragionevole e tale da alterare sostanzialmente la rappresentazione della situazione patrimoniale, economica o finanziaria della società.
Le Sezioni Unite hanno infatti sancito che, affinché si configuri il reato di falso in bilancio, non è necessario che la falsità riguardi un dato oggettivo e numerico. Anche le valutazioni soggettive, se basate su criteri manifestamente inappropriati, possono avere rilevanza penale, in quanto la legge mira a garantire la veridicità sostanziale del bilancio, non limitandosi ai meri aspetti formali. In questo senso, il falso valutativo si verifica quando gli amministratori adottano parametri di valutazione che si discostano in maniera irragionevole dai principi contabili o dalla realtà economica, con il risultato di fornire una falsa immagine della solidità patrimoniale e finanziaria della società.
La decisione ha, in sostanza, confermato l’importanza del rispetto dei principi di verità e prudenza nella redazione dei bilanci, confermando che il falso valutativo rappresenta ancora oggi un profilo rilevante nella prassi giudiziaria.
Tale condotta è spesso contestata dalle procure, soprattutto nei casi in cui la discrezionalità nella valutazione degli asset aziendali viene utilizzata in modo fraudolento per mascherare difficoltà economiche o manipolare le informazioni destinate al mercato. Di conseguenza, il falso valutativo continua a costituire un terreno centrale per le indagini in ambito societario, specie in contesti di crisi o di operazioni straordinarie, come fusioni o acquisizioni.
Prevenzione del falso in bilancio valutativo e responsabilità dell’ente ex D. Lgs. 231/2001
Il reato di falso in bilancio, rientrante tra i reati societari previsti dal nostro ordinamento, costituisce uno dei presupposti per la responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi del D. Lgs. 231/2001. Qualora tale reato sia commesso da soggetti apicali o subordinati nell’interesse o a vantaggio dell’ente, la società può essere chiamata a rispondere con pesanti sanzioni, soprattutto in mancanza di un modello organizzativo idoneo e dell’istituzione di un Organismo di Vigilanza (OdV) deputato al controllo. Le sanzioni applicabili in tali casi possono variare dalle sanzioni pecuniarie fino a quelle interdittive, quali l’interdizione dall’esercizio dell’attività, il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione e la sospensione o revoca di autorizzazioni e licenze, con gravi ripercussioni sulla continuità operativa dell’impresa.
Per prevenire efficacemente la commissione di reati come il falso in bilancio, i modelli organizzativi ex D. Lgs. 231/2001 devono prevedere un complesso di protocolli decisionali e di procedure di controllo volti a ridurre la discrezionalità nella valutazione delle voci patrimoniali, garantendo la veridicità e trasparenza delle comunicazioni sociali.
La costruzione di tali modelli richiede un’analisi approfondita delle specificità dell’impresa, ma in generale è necessario che essi prevedano misure che assicurino una rigorosa aderenza ai principi contabili generalmente accettati e che i criteri di valutazione adottati siano costantemente aggiornati in conformità alle migliori prassi. È altresì fondamentale che all’interno dell’organizzazione siano predisposte procedure interne per la revisione dei bilanci e delle valutazioni da parte di soggetti indipendenti rispetto a chi ha operato le stime contabili, garantendo così una separazione funzionale tra i ruoli di chi produce e chi verifica i dati contabili.
In aggiunta, è imprescindibile che ogni valutazione patrimoniale e finanziaria venga adeguatamente documentata, affinché vi sia traccia dei criteri seguiti e delle motivazioni sottostanti, a tutela dell’azienda nel caso di contestazioni future. Un altro aspetto rilevante è rappresentato dal ruolo dell’Organismo di Vigilanza, il cui compito è quello di monitorare l’efficace attuazione dei protocolli e delle procedure interne, con particolare attenzione a quei processi che lasciano margini di discrezionalità valutativa e che potrebbero esporre l’ente a rischi di false rappresentazioni contabili.
Accanto al reato di falso in bilancio e alla responsabilità amministrativa dell’ente, altre sanzioni possono trovare applicazione in tali contesti. In particolare, il sequestro preventivo e la confisca del profitto del reato rappresentano misure ulteriori a disposizione dell’autorità giudiziaria. Inoltre, sul piano civilistico, la società potrebbe essere esposta a azioni di responsabilità promosse da soci o creditori che abbiano subito un danno a causa della falsificazione contabile o di una rappresentazione non veritiera della situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa. A ciò si aggiunge il rischio di danno reputazionale, con un conseguente impatto negativo sulla fiducia del mercato e degli investitori.
In conclusione, la prevenzione del falso in bilancio valutativo assume una rilevanza fondamentale non solo per evitare le sanzioni penali e amministrative previste dalla normativa, ma anche per avviare efficaci pratiche di self-cleaning in situazioni di irregolarità ereditate da precedenti gestioni aziendali. L’adozione di modelli organizzativi conformi al D. Lgs. 231/2001 e la nomina di un adeguato Organismo di Vigilanza permettono all’impresa di dimostrare la propria buona fede e l’impegno nel prevenire illeciti futuri, contribuendo così a preservare la stabilità e la continuità aziendale, nonché a ristabilire un rapporto di fiducia con i propri interlocutori economici e finanziari.
Conclusioni sul falso in bilancio: sopravvalutazioni e sottovalutazioni
Le pratiche di sopravvalutazione e sottovalutazione delle voci patrimoniali e finanziarie della società sono purtroppo fenomeni diffusi in ambito aziendale, spesso frutto di una gestione non conforme ai principi contabili o di una volontà di alterare la percezione della salute economica dell’impresa.
In molti casi, i nuovi soggetti apicali, subentrando nella guida dell’azienda, si trovano a dover fronteggiare una situazione contabile non veritiera, frutto di scelte operate dalla precedente gestione. Questi ultimi sono chiamati a recuperare un quadro realistico delle consistenze patrimoniali, operando un’attenta revisione delle valutazioni precedenti per restituire un’immagine corretta della situazione economico-finanziaria.
Il falso in bilancio valutativo, come si è visto, riveste un ruolo di particolare rilevanza e non può essere trascurato, poiché non solo altera la rappresentazione contabile della società, ma può altresì configurare ipotesi di reato penalmente rilevanti. La giurisprudenza ha chiarito come anche le valutazioni soggettive possano dar luogo a responsabilità penali, qualora effettuate con criteri palesemente irragionevoli e tali da indurre in errore i destinatari delle informazioni societarie. Pertanto, le conseguenze di una gestione errata o fraudolenta dei bilanci non si limitano alla sfera civilistica o amministrativa, ma possono estendersi al piano penale, con ripercussioni dirette sugli organi di gestione della società.
Alla luce di tali considerazioni, si evidenzia l’importanza non solo di una corretta redazione e revisione periodica del bilancio, ma anche dell’implementazione e dell’aggiornamento costante del modello di organizzazione, gestione e controllo ex D. Lgs. 231/2001. Tale strumento costituisce una difesa fondamentale per prevenire la commissione di reati societari, tra cui il falso in bilancio, e per garantire una gestione aziendale trasparente e conforme alla normativa vigente.
In questo contesto, il ruolo di una consulenza legale specializzata in diritto penale d’impresa si dimostra cruciale per assistere l’impresa nella predisposizione di adeguati protocolli di controllo e per tutelare gli organi apicali dai rischi connessi alla responsabilità penale e amministrativa.
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