Il risarcimento del danno da lesione di animale domestico è, da molti anni, un tema “caldo” e al centro del dibattito giurisprudenziale. Nell’ordinamento giuridico italiano, il rapporto tra individuo e animale domestico ha progressivamente assunto una dimensione sempre più significativa, in virtù di un’evoluzione culturale e sociale che ha portato al riconoscimento del valore affettivo e relazionale dell’animale d’affezione.
Tale cambiamento si riflette, sempre più frequentemente, nella prassi giurisprudenziale, la quale ha mostrato un’apertura, seppur non unanime, verso la possibilità di riconoscere forme di tutela risarcitoria in caso di lesione di animale domestico, sia essa determinata da condotta colposa, dolosa o da inadempimento contrattuale.
Nonostante la qualificazione dell’animale, ai sensi dell’art. 812 c.c., come bene mobile, l’ordinamento ha introdotto nel tempo disposizioni volte a riconoscere agli animali d’affezione una specificità ontologica e relazionale. Ne sono espressione la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia del 1987, la Legge quadro n. 281/1991, volta a promuovere e disciplinare la tutela degli animali d’affezione, nonché la Legge n. 189/2004, che ha inserito nel codice penale le fattispecie di reato a tutela del sentimento per gli animali.
Parallelamente, la giurisprudenza di merito ha talvolta riconosciuto la perdita o la lesione dell’animale come fatto lesivo di situazioni soggettive meritevoli di tutela, in quanto incidenti sulla sfera affettiva e relazionale del soggetto leso, tutelata ex art. 2 della Costituzione.
Alla luce di tale evoluzione, il presente articolo si propone di offrire una ricostruzione sistematica del quadro normativo e giurisprudenziale in tema di risarcimento del danno per morte o lesione di animale domestico, illustrando le differenti basi giuridiche della responsabilità, le voci di danno risarcibili, i percorsi alternativi alla giurisdizione ordinaria e il ruolo centrale dell’avvocato nella piena tutela dei diritti lesi.
La tutela risarcitoria per lesione di animale domestico: tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale
La progressiva attenzione dell’ordinamento giuridico verso la lesione di animale domestico ha determinato un ampliamento delle categorie di danno suscettibili di ristoro, in particolare con riferimento alla possibilità di riconoscere non soltanto un danno patrimoniale, ma anche un danno non patrimoniale in capo al proprietario dell’animale o al soggetto affettivamente legato ad esso.
Il danno patrimoniale trova il suo fondamento normativo nell’art. 1223 c.c., applicabile anche in sede extracontrattuale per effetto del rinvio contenuto nell’art. 2056 c.c., e comprende tutte le perdite economicamente valutabili subite dal danneggiato, in conseguenza immediata e diretta del fatto illecito.
Con riguardo alla lesione di animale domestico, si possono ricomprendere in tale categoria le spese sostenute per cure veterinarie, interventi chirurgici, accertamenti diagnostici, trattamenti terapeutici e, in ipotesi di morte dell’animale, il suo valore di mercato. In giurisprudenza si è evidenziato come tali voci siano risarcibili a prescindere dalla natura di razza o meticcia dell’animale, purché adeguatamente provate nel loro importo e nella loro derivazione causale dal fatto dannoso.
Ben più complessa risulta, invece, l’elaborazione giuridica del danno non patrimoniale. Ai sensi dell’art. 2059 c.c., esso è risarcibile solo nei casi previsti dalla legge. In tale ambito, assume rilievo l’art. 185, comma 2, c.p., che estende la risarcibilità ai danni non patrimoniali derivanti da reato, e l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2 della Costituzione, in base alla quale si riconosce tutela a diritti inviolabili della persona, quali il diritto alla sfera affettiva e relazionale.
In questa prospettiva, talune pronunce di merito (Trib. Pavia, 16 settembre 2016; Trib. Venezia, 17 dicembre 2020; Trib. Pisa, 3 novembre 2023) hanno ritenuto che la lesione di animale domestico possa comportare un pregiudizio risarcibile non solo per il danno materiale, ma anche per la sofferenza morale e il turbamento psichico subiti dal soggetto danneggiato, configurando una lesione alla sua integrità affettiva.
Il riconoscimento del danno non patrimoniale non è tuttavia automatico, essendo subordinato alla prova dell’intensità del legame affettivo, della gravità del patema d’animo e della concretezza del pregiudizio subito. La valutazione giudiziale, pertanto, si sviluppa caso per caso, sulla base di elementi oggettivi e presuntivi idonei a dimostrare la centralità dell’animale nella vita del danneggiato.
La responsabilità extracontrattuale per lesione di animale domestico: l’art. 2043 c.c. e i presupposti di risarcibilità
La lesione di animale domestico può integrare, nei casi in cui non sussista un vincolo contrattuale tra le parti, un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 del codice civile (il quale sancisce che “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”). L’applicazione di tale norma comporta la necessità di accertare la sussistenza di un fatto illecito, la colpa o il dolo dell’agente, un danno ingiusto e il nesso di causalità tra la condotta e il danno.
Con riguardo alla lesione di animale domestico, possono costituire fonte di responsabilità aquiliana, ad esempio, l’investimento dell’animale da parte di un conducente negligente, l’uso di mezzi pericolosi senza le dovute cautele, o atti di violenza gratuita su animali di proprietà altrui. Il fatto generatore del danno deve essere riconducibile con nesso causale diretto alla condotta illecita del soggetto agente e deve determinare un pregiudizio giuridicamente rilevante in capo al proprietario dell’animale.
Il danno è considerato “ingiusto” ogniqualvolta incida su un interesse giuridicamente tutelato, e la giurisprudenza più evoluta ha ritenuto che il legame affettivo tra il proprietario e l’animale d’affezione possa integrare un bene della vita rilevante ai sensi dell’art. 2 della Costituzione, in quanto espressione del diritto all’identità personale e alla sfera relazionale.
In questo senso si è pronunciato, tra gli altri, il Tribunale di Venezia con la sentenza del 17 dicembre 2020 n. 1936, riconoscendo la risarcibilità del danno non patrimoniale in favore sia del proprietario dell’animale, sia del convivente, in virtù della comprovata relazione affettiva con il cane deceduto.
La prova del danno, in tali ipotesi, grava interamente sulla parte attrice, che è tenuta a dimostrare non solo l’evento dannoso e la responsabilità del convenuto, ma anche il nesso causale tra il comportamento illecito e la lesione di animale domestico, oltre alla serietà e concretezza del pregiudizio subito. Il giudice, accertata la fondatezza della domanda, potrà procedere alla liquidazione in via equitativa, tenuto conto delle circostanze del caso concreto e della documentazione probatoria offerta.
La responsabilità contrattuale o da contatto sociale qualificato per lesione di animale domestico: il ruolo del depositario e del professionista veterinario
Nel caso in cui la lesione di animale domestico si verifichi nell’ambito di un rapporto obbligatorio, quale un contratto di deposito o una prestazione d’opera professionale, trova applicazione la disciplina della responsabilità contrattuale di cui all’art. 1218 c.c., secondo cui “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. La responsabilità è, pertanto, presunta, e grava sul debitore l’onere di dimostrare l’assenza di colpa.
Emblematica, al riguardo, è la pronuncia del Tribunale di Prato del 2025, concernente la morte di una cagnolina affidata dai proprietari a una pensione per animali, in esecuzione di un contratto di deposito ai sensi dell’art. 1766 c.c. Il giudice ha ritenuto che la struttura fosse venuta meno all’obbligo di custodia e vigilanza, non avendo garantito la dovuta assistenza in presenza di sintomi di grave malessere, né avendo informato tempestivamente i proprietari, configurandosi un grave inadempimento dell’obbligazione principale. Il mancato attivarsi del depositario, pur avendo constatato le condizioni critiche dell’animale, ha determinato l’aggravamento della situazione clinica e, infine, il decesso dell’animale stesso.
Analogamente, nel rapporto tra cliente e veterinario, configurabile come contratto d’opera ai sensi dell’art. 2222 c.c., trova applicazione l’art. 1176 c.c. in tema di diligenza, che, nel caso di attività professionale, deve essere valutata in relazione alla natura della prestazione e alle conoscenze tecniche richieste. Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, la responsabilità del professionista è limitata ai casi di dolo o colpa grave, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c.
Nella recente sentenza del Tribunale di Pisa del 3 novembre 2023 n. 1362, relativa a un caso di malpratica veterinaria per interventi chirurgici effettuati su un cucciolo affetto da grave displasia, il giudice ha accertato la responsabilità del professionista e della clinica per aver praticato una terapia operatoria inadeguata, che ha aggravato in modo irreversibile la condizione clinica dell’animale.
Pertanto, anche nell’ambito contrattuale, la lesione di animale domestico può costituire fatto idoneo a generare responsabilità risarcitoria per il debitore inadempiente, ogniqualvolta venga meno agli obblighi di diligenza, custodia o prestazione specialistica a cui è tenuto, con conseguente obbligo di ristoro del danno, secondo i criteri previsti dagli artt. 1223, 1226 e 2056 c.c.
Le soluzioni alternative al processo nei casi di lesione di animale domestico: mediazione e negoziazione assistita
Nel contesto della lesione di animale domestico, l’ordinamento riconosce alle parti la possibilità – e, in determinati casi, l’obbligo – di ricorrere a strumenti alternativi alla giurisdizione ordinaria per la risoluzione delle controversie. In tale ambito si collocano due istituti fondamentali: la mediazione e la negoziazione assistita da avvocati, entrambi diretti a favorire una composizione consensuale della lite, con evidenti benefici in termini di celerità, economicità e minore conflittualità.
La mediazione, disciplinata dal d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, è obbligatoria quando espressamente prevista dalla legge come condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria. Sebbene la lesione di animale domestico non rientri tra le materie elencate all’art. 5, comma 1, del decreto, essa può tuttavia ricadere in ambiti soggetti a mediazione obbligatoria in base al titolo giuridico del rapporto tra le parti. In particolare, qualora la controversia abbia origine nell’inadempimento di un contratto d’opera (come avviene nei casi di lesione conseguente all’affidamento del cane a una pensione o a un centro di addestramento), la parte attrice sarà tenuta a promuovere un tentativo di mediazione prima di poter agire in giudizio. L’omissione di tale passaggio processuale comporta l’improcedibilità della domanda.
Accanto alla mediazione, assume rilievo anche l’istituto della negoziazione assistita, introdotto dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla l. 10 novembre 2014, n. 162. La negoziazione assistita è obbligatoria ogniqualvolta si intenda proporre in giudizio una domanda di pagamento, a qualsiasi titolo, di una somma non eccedente i cinquantamila euro, anche nell’ambito della responsabilità extracontrattuale.
Pertanto, nei casi in cui il danneggiato intenda chiedere il risarcimento per lesione di animale domestico mediante richiesta di somma rientrante nella predetta soglia, la previa negoziazione rappresenta un passaggio necessario, pena l’improcedibilità dell’azione.
Tali strumenti si rivelano particolarmente adeguati in un ambito come quello della tutela degli animali d’affezione, in cui le componenti emotive e affettive si intrecciano con aspetti tecnici e giuridici, e in cui la ricerca di una soluzione condivisa può evitare l’ulteriore stress connesso al giudizio ordinario.
Lesione di animale domestico: supporto legale e tutela dei diritti
In una controversia risarcitoria relativa alla lesione di animale domestico l’assistenza legale può essere determinante sin dalla fase preliminare, per ricostruire i fatti nella loro esatta portata giuridica, valutare la documentazione probatoria disponibile e individuare le voci di danno risarcibile, con particolare attenzione alla qualificazione del legame affettivo tra il proprietario e l’animale d’affezione.
In ambito stragiudiziale, l’avvocato assiste il cliente nell’eventuale esperimento delle procedure di mediazione o di negoziazione assistita, assicurando il rispetto degli adempimenti procedurali richiesti e facilitando la definizione di soluzioni condivise, idonee a soddisfare in tempi ragionevoli le legittime pretese risarcitorie.
In sede contenziosa, la preparazione tecnica del legale diviene poi fondamentale per la redazione dell’atto introduttivo, per la costruzione del quadro probatorio, e per la corretta qualificazione delle singole poste di danno.
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