La sostenibilità rappresenta ormai un pilastro fondamentale per le imprese, in particolare alla luce delle nuove normative dell’Unione Europea volte a regolare l’impatto delle attività aziendali sui diritti umani e sull’ambiente. Ne abbiamo già discusso in un precedente articolo.
In questo contesto, la Direttiva (UE) 2024/1760, meglio nota come Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), impone un dovere di diligenza alle imprese di grandi dimensioni per garantire che le loro attività e quelle dei loro partner commerciali siano in linea con gli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale.
La Direttiva introduce obblighi chiari e vincolanti, che richiedono alle società di identificare, prevenire e mitigare i potenziali impatti negativi lungo l’intera catena di valore. La sostenibilità diventa così non solo un obiettivo etico e strategico, ma anche un imperativo normativo, la cui non osservanza può comportare significative sanzioni e responsabilità civili. L’Unione Europea, con questa direttiva, intende promuovere una trasformazione profonda delle pratiche aziendali, allineandole agli accordi internazionali come l’Accordo di Parigi, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra e di tutelare i diritti umani nelle operazioni globali delle imprese.
Attraverso un quadro giuridico armonizzato, la CSDDD segna un passo decisivo verso un’economia più sostenibile e responsabile, dove la trasparenza e la conformità rappresentano strumenti chiave per favorire una gestione aziendale attenta agli impatti sociali e ambientali. Tale normativa richiede un adeguamento significativo delle politiche interne delle imprese e l’adozione di piani di transizione verso una sostenibilità integrale.
Chi sono i destinatari della Direttiva sulla sostenibilità?
La Corporate Sustainability Due Diligence Directive trova applicazione su un’ampia gamma di imprese, sia costituite all’interno dell’Unione Europea sia operanti nel mercato europeo pur avendo sede legale in paesi terzi. In particolare, la direttiva è vincolante per tutte le società che, nel corso dell’ultimo esercizio finanziario, hanno avuto più di 1.000 dipendenti e un fatturato netto globale superiore a 450 milioni di euro.
Questo parametro tiene conto non solo delle attività svolte direttamente dalla società, ma anche di quelle delle sue filiazioni e dei suoi partner commerciali lungo l’intera catena di valore. Ciò implica che le imprese devono monitorare non solo le loro operazioni interne, ma anche le pratiche adottate dai soggetti con cui collaborano, estendendo così l’obbligo di sostenibilità in modo capillare.
Le disposizioni della direttiva si applicano anche alle società capogruppo che esercitano un controllo su altre entità e che rientrano nei requisiti di dimensione previsti. È altresì importante sottolineare che l’applicazione si estende alle imprese costituite in paesi terzi, a condizione che esse generino un fatturato netto significativo nell’Unione Europea. In particolare, la soglia stabilita per le imprese extra-europee è di 450 milioni di euro di fatturato nell’ultimo esercizio finanziario. Questo aspetto è cruciale, poiché garantisce che le imprese non possano eludere gli obblighi di sostenibilità semplicemente trasferendo la loro sede legale al di fuori dell’Unione, pur continuando a operare nel mercato europeo.
L’obiettivo principale della direttiva è creare un quadro normativo uniforme, assicurando che tutte le imprese con una presenza economica significativa nel mercato europeo, indipendentemente dalla loro sede legale, siano tenute a rispettare gli stessi standard in materia di sostenibilità e responsabilità sociale. Questo favorisce una concorrenza leale tra le imprese e promuove una cultura aziendale orientata alla tutela dell’ambiente e dei diritti umani.
Quando entrerà in vigore la Direttiva sulla sostenibilità?
L’entrata in vigore della CSDDD è scaglionata in diverse fasi, a seconda della dimensione e della tipologia delle imprese coinvolte. Gli Stati membri sono tenuti a recepire la direttiva entro il 26 luglio 2026, data entro la quale dovranno adottare le misure legislative necessarie. Tuttavia, gli obblighi per le imprese entreranno in vigore in maniera progressiva.
Le società con più di 5.000 dipendenti e un fatturato netto superiore a 1,5 miliardi di euro a livello mondiale saranno soggette alla normativa a partire dal 26 luglio 2027. Per le imprese con più di 3.000 dipendenti e un fatturato superiore a 900 milioni di euro, gli obblighi scatteranno dal 26 luglio 2028. Le società di paesi terzi che generano un fatturato significativo nell’Unione, pari a oltre 1,5 miliardi di euro, dovranno conformarsi anch’esse dal 26 luglio 2027, mentre quelle con un fatturato superiore a 900 milioni di euro avranno tempo fino al 26 luglio 2028.
Infine, tutte le altre imprese non rientranti nelle precedenti categorie, inclusi i gruppi più piccoli che operano con modalità di franchising o licenza, dovranno conformarsi agli obblighi previsti dalla direttiva a partire dal 26 luglio 2029. Questo approccio graduale consente alle imprese di adattarsi progressivamente alle nuove norme, in base alla loro dimensione e alla complessità delle loro operazioni.
Obblighi Principali per le Imprese: la due diligence per la sostenibilità
Il cuore della Corporate Sustainability Due Diligence Directive risiede nell’obbligo imposto alle imprese di esercitare un dovere di diligenza accurato e continuo, volto a prevenire, mitigare e, se necessario, porre rimedio agli impatti negativi delle loro attività sui diritti umani e sull’ambiente. Questo dovere si estende non solo alle attività dirette dell’impresa, ma anche a quelle delle sue filiazioni e dei partner commerciali, lungo l’intera catena di valore. La sostenibilità, quindi, diventa un principio guida per tutte le fasi delle operazioni aziendali.
Le imprese sono chiamate a implementare una serie di misure volte a integrare il dovere di diligenza all’interno delle loro politiche e sistemi di gestione. In particolare, devono adottare politiche di sostenibilità ben definite, che prevedano l’individuazione e la valutazione di potenziali impatti negativi legati ai diritti umani o all’ambiente. L’individuazione degli impatti non può essere limitata alla sola attività dell’impresa, ma deve estendersi a tutte le entità collegate, incluse le filiazioni e i partner lungo la catena di fornitura.
In base agli articoli centrali della direttiva, le imprese devono adottare tutte le misure necessarie per prevenire o, laddove non sia possibile, attenuare tali impatti. Questo può includere l’adozione di piani d’azione correttivi, investimenti finanziari per migliorare i processi produttivi, la richiesta di garanzie contrattuali ai partner commerciali e, nei casi più gravi, la cessazione dei rapporti d’affari con i soggetti che contribuiscono agli impatti negativi.
Inoltre, la direttiva impone alle imprese di stabilire e mantenere un dialogo significativo con le parti interessate, compresi i lavoratori, le comunità locali e le organizzazioni non governative, al fine di garantire che gli impatti negativi siano affrontati in maniera partecipata e trasparente. Parte integrante di questo processo è la creazione di un meccanismo di reclamo che consenta a chiunque subisca danni causati dalle attività dell’impresa di presentare una denuncia.
Le imprese devono, infine, monitorare e comunicare pubblicamente l’efficacia delle loro politiche di sostenibilità. L’obbligo di trasparenza impone la pubblicazione di rapporti regolari che documentino i progressi compiuti nel prevenire e mitigare gli impatti negativi, rafforzando così la fiducia degli stakeholder e contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità fissati dalla direttiva.
Lotta ai Cambiamenti Climatici e Piano di Transizione
Uno degli aspetti più innovativi della Corporate Sustainability Due Diligence Directive riguarda l’obbligo per le imprese di adottare un piano di transizione volto alla mitigazione dei cambiamenti climatici. La direttiva stabilisce che le società di grandi dimensioni, oltre a integrare la sostenibilità nelle loro politiche aziendali, devono impegnarsi attivamente nella lotta al cambiamento climatico, in linea con l’Accordo di Parigi e gli obiettivi di neutralità climatica dell’Unione Europea.
Il piano di transizione deve garantire che le strategie aziendali siano compatibili con l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 °C e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, come stabilito dal regolamento (UE) 2021/1119.
Le imprese devono fissare obiettivi chiari e temporalmente definiti per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, con tappe intermedie da raggiungere entro il 2030. Tali obiettivi non riguardano soltanto le emissioni dirette dell’impresa (ambiti 1 e 2), ma anche le emissioni indirette lungo la catena di fornitura (ambito 3). La direttiva richiede, inoltre, che le imprese identifichino le principali leve di decarbonizzazione, compresa la revisione dei loro portafogli di prodotti e servizi e l’adozione di nuove tecnologie più sostenibili.
Un aspetto cruciale è la trasparenza degli investimenti e dei finanziamenti destinati a sostenere l’attuazione del piano di transizione. Le imprese devono, infatti, fornire una chiara spiegazione e quantificazione delle risorse allocate per garantire il raggiungimento degli obiettivi climatici. Inoltre, il piano di transizione deve prevedere un ruolo attivo degli organi di amministrazione, gestione e controllo, i quali sono chiamati a supervisionare e guidare il processo di decarbonizzazione.
In questo modo, la sostenibilità climatica diventa non solo un obiettivo strategico, ma un obbligo normativo che richiede alle imprese di operare in maniera responsabile, allineandosi agli obiettivi globali per il clima.
Sostenibilità, ruolo delle Autorità e obblighi di reporting
La Corporate Sustainability Due Diligence Directive attribuisce un ruolo centrale alle autorità di controllo, incaricate di vigilare sull’attuazione e sul rispetto degli obblighi imposti alle imprese dalla normativa. Gli Stati membri dell’Unione Europea sono tenuti a designare una o più autorità di controllo nazionali, le quali devono monitorare con attenzione le attività delle imprese che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva, assicurandosi che esse rispettino i principi di sostenibilità e responsabilità sociale.
Le autorità di controllo hanno il compito di valutare l’efficacia delle misure adottate dalle imprese per identificare e mitigare gli impatti negativi su diritti umani e ambiente. Tra i loro poteri rientrano l’ispezione, la richiesta di informazioni e la possibilità di imporre sanzioni in caso di violazioni. Le sanzioni possono includere multe significative, fino al 5% del fatturato netto globale dell’impresa, a seconda della gravità della violazione, nonché la pubblicazione di dichiarazioni che identificano le imprese non conformi.
Un altro aspetto cruciale della direttiva riguarda gli obblighi di reporting. Le imprese sono tenute a redigere rapporti periodici che documentino le azioni intraprese per prevenire, attenuare e riparare gli impatti negativi identificati. Tali rapporti devono essere resi pubblici e accessibili, garantendo così la trasparenza nei confronti degli stakeholder e delle autorità di controllo. Il rispetto degli obblighi di reporting è essenziale per assicurare che le imprese operino in modo conforme e responsabile, mantenendo un dialogo costante con le parti interessate e dimostrando il loro impegno verso la sostenibilità.
Il sistema di controllo e monitoraggio previsto dalla direttiva mira quindi a rafforzare la fiducia nel mercato europeo, creando un quadro regolatorio trasparente che incentivi le imprese a migliorare continuamente le proprie performance in materia di sostenibilità e responsabilità sociale.
Obblighi di sostenibilità: sanzioni e responsabilità civile per le imprese
La Corporate Sustainability Due Diligence Directive introduce un quadro di sanzioni rigorose per garantire che le imprese rispettino gli obblighi derivanti dalla normativa. Le sanzioni previste dalla direttiva, che devono essere adottate dagli Stati membri, hanno l’obiettivo di essere effettive, proporzionate e dissuasive. Le autorità di controllo nazionali hanno il potere di imporre sanzioni pecuniarie significative, calcolate sulla base del fatturato netto globale dell’impresa. Le multe possono raggiungere fino al 5% del fatturato netto globale dell’esercizio precedente, una cifra che mira a dissuadere in maniera efficace le imprese dal violare gli obblighi di diligenza in materia di sostenibilità.
Le violazioni che possono comportare l’applicazione di sanzioni riguardano principalmente la mancata identificazione, prevenzione e mitigazione degli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente. Le imprese che non ottemperano alle disposizioni relative alla redazione di rapporti di sostenibilità o che non rispettano i termini dei piani di transizione verso la mitigazione dei cambiamenti climatici sono soggette a sanzioni. Oltre alle multe, le autorità di controllo possono adottare misure aggiuntive, come la pubblicazione di dichiarazioni ufficiali che identificano pubblicamente le imprese responsabili delle violazioni, contribuendo così a danneggiare la reputazione aziendale a livello globale.
Un aspetto centrale della direttiva è l’introduzione della responsabilità civile per le imprese, che permette a persone fisiche o giuridiche di richiedere il risarcimento dei danni subiti a causa di una violazione degli obblighi di diligenza da parte dell’impresa. Le imprese possono essere ritenute responsabili per i danni causati da omissioni o atti intenzionali o negligenti relativi alla mancata adozione di misure preventive o correttive, in particolare se tali violazioni sono correlate a diritti protetti dalla legislazione nazionale o europea.
La responsabilità civile è particolarmente rilevante nel contesto delle catene di valore, dove le imprese possono essere chiamate a rispondere anche per i danni causati dai loro partner commerciali. Tuttavia, la direttiva prevede che le imprese non siano responsabili se dimostrano di aver adottato tutte le misure adeguate per prevenire tali impatti, inclusa la richiesta di garanzie contrattuali ai partner commerciali, la supervisione delle loro attività e l’attuazione di meccanismi di controllo efficaci. In questi casi, la responsabilità può essere condivisa con i partner commerciali, in una logica di corresponsabilità lungo la catena di fornitura.
Un altro punto di rilievo riguarda i termini di prescrizione. La direttiva prevede che i termini per l’avvio di procedimenti per il risarcimento dei danni non siano eccessivamente restrittivi e che, in ogni caso, non siano inferiori a cinque anni. Questo mira a garantire che le vittime di violazioni, siano esse comunità locali, lavoratori o altre parti interessate, abbiano il tempo sufficiente per raccogliere prove e presentare le loro richieste di risarcimento. Inoltre, la direttiva stabilisce che, in caso di controversie, i tribunali nazionali abbiano il potere di ordinare la divulgazione di prove rilevanti da parte delle imprese, purché tali richieste siano proporzionate e non ledano eccessivamente gli interessi legittimi delle parti.
La combinazione di sanzioni pecuniarie, pubbliche e di responsabilità civile mira a creare un sistema di enforcement robusto, capace di incentivare le imprese ad aderire ai principi di sostenibilità e a gestire in modo responsabile gli impatti delle loro attività. Questo approccio rafforza il quadro normativo europeo in materia di diritti umani e ambiente, offrendo alle imprese un chiaro incentivo a migliorare la loro governance e a ridurre i rischi legati alla sostenibilità.
Conclusioni
La CSDDD rappresenta un passaggio fondamentale nel rafforzamento della sostenibilità aziendale e nella promozione di una gestione responsabile delle attività economiche all’interno dell’Unione Europea. Con l’introduzione di obblighi stringenti in materia di diritti umani e ambiente, la direttiva mira a garantire che le imprese, sia europee sia extraeuropee, operino nel rispetto di standard elevati, contribuendo così a costruire un’economia più sostenibile e inclusiva. La normativa richiede alle imprese di adottare misure concrete per individuare e mitigare gli impatti negativi delle loro attività, promuovendo una trasformazione radicale delle loro operazioni lungo l’intera catena di valore.
Il complesso quadro regolatorio introdotto dalla direttiva pone sfide significative per le imprese, che devono adattarsi rapidamente e garantire una piena conformità agli obblighi di diligenza. La mancata osservanza di tali obblighi può comportare sanzioni rilevanti e rischi di responsabilità civile, rendendo indispensabile una gestione attenta e consapevole dei rischi legati alla sostenibilità. In questo contesto, è cruciale che le imprese si dotino di strumenti adeguati per affrontare tali sfide, non solo nel breve termine, ma anche con una visione di medio-lungo periodo.
In particolare, per assicurare una piena conformità normativa e una gestione efficace dei rischi, risulta fondamentale affidarsi a una consulenza legale esperta, capace di guidare le imprese nella costruzione di una strategia di conformità solida e sostenibile. Lo Studio Legale D’Agostino, con la sua vasta esperienza nei processi aziendali, offre un supporto essenziale per le imprese che desiderano allinearsi agli obblighi imposti dalla direttiva, riducendo al minimo i rischi legali e migliorando le proprie performance in materia di sostenibilità. Grazie a un approccio integrato e su misura, lo studio è in grado di assistere le aziende nella creazione di politiche di sostenibilità che non solo rispettino le normative, ma che rappresentino anche un vantaggio competitivo nel contesto globale.