I patti parasociali rappresentano uno strumento di regolazione fondamentale nelle dinamiche societarie, particolarmente rilevante nel contesto delle start-up. Queste ultime sono caratterizzate da una fase iniziale di grande incertezza e dinamicità, in cui i rapporti tra i soci e gli investitori devono essere stabilizzati attraverso strumenti giuridici flessibili, che consentano di risolvere ex ante potenziali conflitti e di preservare la stabilità della governance.
Nel presente articolo si approfondirà la natura dei patti parasociali, la loro disciplina giuridica, i limiti e le cause di nullità, e l’importanza che rivestono per le start-up, evidenziandone il ruolo cruciale nella strutturazione dell’impresa e nella gestione dei rapporti tra i soci.
I patti parasociali: definizione e disciplina normativa
I patti parasociali sono accordi negoziali tra i soci di una società (o tra i soci e terzi), stipulati con lo scopo di regolare specifici aspetti della vita societaria, spesso in deroga o integrazione rispetto alle norme statutarie o legislative. Essi rappresentano una manifestazione dell’autonomia contrattuale dei soci, consentendo di disciplinare materie che lo statuto potrebbe non trattare in maniera dettagliata o che richiedono flessibilità nell’interpretazione delle regole societarie.
A differenza dello statuto o degli atti costitutivi, che disciplinano in modo formale e pubblico l’organizzazione e il funzionamento della società, i patti parasociali sono accordi privati, vincolanti esclusivamente per i soci contraenti e non per la società o per i soci non firmatari. La natura privatistica di questi accordi rende i patti parasociali particolarmente adatti a governare dinamiche interne specifiche, come il coordinamento del voto in assemblea, la nomina degli amministratori, la distribuzione degli utili o la regolazione della cessione delle partecipazioni sociali.
A livello normativo, i patti parasociali trovano la loro disciplina principale negli artt. 2341-bis e 2341-ter del Codice Civile, che si riferiscono specificamente alle società per azioni. L’articolo 2341-bis prevede che la durata dei patti parasociali non possa superare i cinque anni, salvo diversa pattuizione. Qualora i patti siano stipulati senza indicazione di una durata, essi si intendono automaticamente vincolanti per il termine di cinque anni, e la loro proroga deve essere esplicitamente concordata tra le parti contraenti. La proroga tacita non è ammessa, al fine di evitare vincoli perpetui che potrebbero compromettere la libertà contrattuale dei soci.
È importante sottolineare che, sebbene i patti parasociali non siano soggetti a pubblicità obbligatoria nelle società non quotate, nelle società quotate i patti devono essere resi pubblici e comunicati alla Consob, ai sensi dell’art. 122 del Testo Unico della Finanza (TUF). In mancanza di tale pubblicità, i patti parasociali perdono efficacia e non sono opponibili ai terzi.
Limiti ai patti parasociali e cause di nullità o invalidità
Sebbene i patti parasociali costituiscano una manifestazione dell’autonomia contrattuale dei soci, la loro stipulazione non è priva di limiti. I patti, infatti, non possono violare norme imperative o l’interesse generale della società, pena la loro nullità o invalidità. Tra i principali limiti ai patti parasociali, possiamo individuare, ad esempio, la durata eccessiva: il Codice Civile impone un limite massimo di cinque anni per i patti parasociali nelle società per azioni, salvo diversa pattuizione. Una durata superiore a cinque anni senza consenso esplicito delle parti o una proroga tacita renderebbe nullo l’accordo, poiché violerebbe le disposizioni imperative. Questo limite temporale mira a evitare vincoli contrattuali eccessivi che potrebbero comprimere la libertà contrattuale dei soci a lungo termine.
Inoltre, i patti parasociali non possono violare norme imperative dell’ordinamento giuridico. Ad esempio, non possono essere stipulati accordi che violino le regole sulla governance societaria previste dal Codice Civile, come la libertà di voto nelle assemblee o il diritto alla distribuzione degli utili secondo le quote di partecipazione. In tali casi, il patto potrebbe essere dichiarato nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c.
In altri casi, sono stati ritenuti invalidi i patti che pregiudicano l’interesse generale della società. Un esempio è dato dai patti che limitano eccessivamente l’autonomia decisionale degli amministratori o che impediscono lo svolgimento di operazioni necessarie alla crescita o alla sopravvivenza della società. I patti che compromettono la funzionalità degli organi sociali o che paralizzano le decisioni strategiche vitali della società sono considerati contrari all’interesse sociale e, di conseguenza, nulli.
Inoltre, stando alla giurisprudenza prevalente, gli accordi parasociali devono rispettare il principio di parità di trattamento tra i soci, garantendo che tutti godano degli stessi diritti e doveri in proporzione alle loro partecipazioni. Patti che discriminano alcuni soci a favore di altri, senza una giustificazione legittima, sono considerati contrari al principio di uguaglianza e possono essere dichiarati nulli.
L’importanza dei patti parasociali nelle start-up
Nelle start-up innovative, la proprietà intellettuale (brevetti, software, marchi) e il know-how tecnico rappresentano spesso gli asset più preziosi, fondamentali per il vantaggio competitivo dell’impresa. I patti parasociali possono includere clausole volte a proteggere questi beni immateriali, assicurando che non vengano utilizzati impropriamente o sfruttati dai soci al di fuori del contesto societario.
In questo senso, le clausole di non concorrenza e non divulgazione (NDA) diventano cruciali: esse possono prevedere, ad esempio, che i soci fondatori non possano avviare attività concorrenti o che siano tenuti a mantenere riservate le informazioni aziendali sensibili, garantendo così che la proprietà intellettuale rimanga protetta anche in caso di uscita di uno dei soci.
Inoltre, nelle start-up è comune la necessità di gestire con attenzione le exit strategy. I patti parasociali permettono di disciplinare in modo dettagliato le modalità con cui i soci possono cedere le proprie partecipazioni o come la società stessa possa essere venduta a terzi.
Vi sono, per citare alcuni esempi, clausole come il drag-along, che consente al socio di maggioranza di obbligare i soci di minoranza a vendere le loro partecipazioni a un potenziale acquirente; oppure il tag-along, che garantisce ai soci di minoranza il diritto di partecipare alla vendita alle stesse condizioni del socio di maggioranza, sono strumenti fondamentali per assicurare trasparenza e equilibrio nelle operazioni di cessione, prevenendo situazioni conflittuali e proteggendo gli interessi di tutte le parti coinvolte.
Infine, un ulteriore aspetto rilevante riguarda la gestione dei conflitti e la prevenzione dello stallo decisionale, una questione particolarmente critica nelle start-up, dove i fondatori spesso hanno visioni divergenti su come guidare la crescita dell’impresa. I patti parasociali possono includere meccanismi di risoluzione delle controversie, come l’arbitrato o la mediazione, che offrono soluzioni rapide e meno costose rispetto al contenzioso giudiziale. Inoltre, possono prevedere sistemi per evitare lo stallo decisionale, come l’adozione di clausole che richiedano maggioranze qualificate per decisioni strategiche o meccanismi di risoluzione forzata dei conflitti.
In definitiva, i patti parasociali si rivelano strumenti essenziali per le start-up, in quanto permettono di governare in modo efficace le relazioni tra i soci, preservando la stabilità della governance e favorendo la crescita armoniosa della società. Essi fungono da rete di protezione per affrontare eventuali conflitti futuri e per garantire che le decisioni critiche vengano prese nel rispetto degli interessi comuni, senza compromettere la flessibilità e l’agilità che sono caratteristiche distintive delle imprese in fase di avvio.
Start-up, cessione di equity e partecipazione attiva nella società
I patti parasociali rivestono un ruolo cruciale nelle start-up non solo per regolamentare i rapporti tra soci, ma anche per assicurare che chi riceve quote di equity giustifichi il proprio coinvolgimento attraverso un contributo lavorativo concreto e continuativo.
In una start-up, spesso i soci fondatori, oltre a investire capitale, offrono le proprie competenze operative, tecnologiche o manageriali, essenziali per il successo dell’impresa. Tuttavia, l’attribuzione di equity non dovrebbe mai essere considerata un “premio” fine a sé stesso, ma piuttosto un incentivo che richiede una costante partecipazione attiva allo sviluppo del progetto.
Attraverso i patti parasociali, è possibile stabilire obblighi specifici per i soci che ricevono quote di capitale. Questi accordi possono includere clausole che vincolano il socio a determinati compiti o obiettivi, legando il mantenimento delle quote al raggiungimento di performance lavorative o all’effettivo impegno nella gestione dell’impresa. Tale struttura non solo motiva i soci a lavorare efficacemente per la crescita della start-up, ma assicura anche che l’equity distribuita sia legata a un apporto reale e misurabile.
Inoltre, i patti parasociali possono prevedere meccanismi di c.d. “vesting”, in cui le quote vengono acquisite progressivamente nel tempo, in modo da incentivare i soci a rimanere impegnati a lungo termine nel progetto. Se un socio decidesse di abbandonare l’impresa o non rispettasse i propri impegni, i patti possono stabilire la restituzione delle partecipazioni o la riduzione del loro valore, proteggendo così la società da una distribuzione ingiustificata di capitale.
In sintesi, i patti parasociali nelle start-up sono fondamentali per garantire che l’equity sia non solo una ricompensa, ma uno strumento di responsabilità, legato alla dedizione lavorativa e al contributo reale che ogni socio apporta alla crescita dell’impresa.
Conclusioni in punto di patti parasociali
In conclusione, i patti parasociali rappresentano un pilastro fondamentale nella regolamentazione delle dinamiche interne di una società, soprattutto nel contesto delle start-up. La loro capacità di adattarsi alle specifiche esigenze dei soci e di integrare la disciplina prevista dallo statuto consente di gestire con maggiore precisione e flessibilità i rapporti tra i soci fondatori e gli investitori, assicurando al tempo stesso una governance solida e trasparente. Se utilizzati correttamente, i patti parasociali possono prevenire conflitti, proteggere gli asset strategici della società, e garantire una gestione equilibrata delle partecipazioni e delle decisioni societarie più importanti.
Tuttavia, è essenziale che tali accordi vengano redatti con attenzione, nel rispetto dei limiti imposti dalla legge e dalla prassi giurisprudenziale. La presenza di clausole che violano norme imperative, ledano l’interesse della società o pregiudichino i diritti dei soci non firmatari potrebbe condurre alla nullità o all’invalidità dei patti, compromettendo l’equilibrio societario. Di conseguenza, è sempre consigliabile che i patti parasociali siano redatti con l’assistenza di professionisti legali competenti, in modo da garantire la conformità normativa e la tutela degli interessi di tutte le parti coinvolte.